Il bastone del poeta rimesso al suo posto

Statua Emilio Girardini Udine

di Renzo Valente

Messaggero Veneto – 22 luglio 1998

Poiché a suo tempo, a furto ancora caldo, mi sono preoccupato di riferire che alla statua di Emilio Girardini, sullo slargo di San Francesco, era stato rubato per la seconda volta il bastone, in assenza del quale poi, per otto mesi di seguito, scontata a priori ogni eventualità di recupero, abbiamo tanto insistito, io e un altro, per farvi mettere almeno uno nuovo, con altrettanta premura prendiamo atto, beata l’ora, che il poeta ha ritrovato il suo bastone.
È un bel bastone anche questo, come tipo assomiglia abbastanza al precedente, siamo ancora sul bambù e in complesso, benché i nodi mi pare che siano più numerosi e manchi il puntalino, non sfigura. Anzi, se mai, rispetto all’altro, che in realtà sembrava tenere più all’eleganza che non alla prestanza, si vede di più. E’ più forte, più saldo, più robusto, si direbbe addirittura più da montagna che da pianura, e in questo senso il poeta cieco, che da vivo, con l’anima piena di canti, di musica e di profumi, però anche di candore, non avrebbe mai immaginato, anche se il peggio doveva ancora venire che un giorno si potesse arrivare al punto di rubare anche i bastoni mentre invece adesso, da statua, sarà costretto a ricredersi, a occhio e croce, con un bastone di questa fattura, non dovrebbe correre alcun rischio di rimanere senza.
Si riprende quindi con rinnovata fiducia e un giovane poeta, che da poeta a poeta, per solidarietà, aveva biasimato l’insulto fatto al collega e poi seguito con noi gli sviluppi della vicenda, compiacendosi alla fine per il felice epilogo, mi suggerisce di ringraziare.
Ringraziare? Saremmo anche propensi, si può fare, ma potrebbe darsi che i ringraziamenti non siano graditi. Questo il pericolo. In tempi in cui si toglie l’Eden, si toglie il Puccini, si toglie il Cecchini, si toglie il Moderno e, per stare soltanto in centro, si tolgono il Dorta, il Monte, il Corazza, il Nazionale, il Croce di Malta, il Friuli, l’Ancora d’Oro, il Lombardia, il Toppo-Milano, e già che ci siamo, poiché sono a portata di mano, si tolgono pure il Duomo, il Fante, il Feralût, il Presepio, il Portorico, il Marcotti, il Posta e si toglie il Fornaretto, e si toglie la Terrazza, e si toglie il Roma, e si tolgono il Telegrafo, l’Ortolano, l’Arco Celeste, il Gambrinus, la Concordia, il Cappello, il Toscano, il Leon d’Oro, e si tolgono anche le rogge, anche gli alberi di via Leopardi e di San Francesco, anche paio di portici in Mercatovecchio, anche gli ombrelloni in piazza San Giacomo, anche il Re in piazza Vittorio, anche la ghiaia del Ricasoli, anche i selciati dei borghi, figurarsi, in questi tempi appunto, che si distinguono per quanto è stato tolto e si sta togliendo, ringraziare per un bastone che hanno aggiunto e non tolto sarebbe una stonatura, avrebbe tutta l’aria di una presa in giro. Non conviene. Potrebbero offendersi, pentirsi e togliercelo di nuovo.